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Questo blog è di Danila Oppio, colei che l'ha creato, e se ne è sempre presa cura, in qualità di webmaster.

domenica 23 dicembre 2018

BUON NATALE!


A TUTTI VOI CHE SEGUITE QUESTO BLOG,  AUGURO BUON NATALE E UN NUOVO ANNO ALL'INSEGNA DELLA PACE, DELLA GIOIA, DELLA SALUTE E DELL'AMORE
Danila Oppio

venerdì 14 dicembre 2018

Antologia LE PAGINE DEL NATALE - Danila Oppio


n questa antologia sono raccolte poesie e racconti, tra i quali uno mio breve, titolato LA LUCE, e una mia traduzione della meravigliosa poesia TOMTEN di Abraham Viktor Rydberg, filosofo e scrittore svedese.


CONCORSO HOSTARIA DELLE IMMAGINI - Terzo classificato con la poesia LA GRANDE GUERRA - Danila Oppio

Oggi ho ricevuto il diploma e la targa per la mia opera LA GRANDE GUERRA, uno dei temi del Concorso indetto dall'Associazione Culturale Hostaria delle Immagini di Cortemaggiore (PC). 

Condivido con voi il gradito riconoscimento.Danila Oppio






LA GRANDE GUERRA (secondo Vera Brittain)
Cent’anni fa, quella disumana guerra ebbe termine.
Fu un massacro avvenuto con cannoni, baionette e mine.
Non solo perirono giovani soldati italiani tedeschi francesi
ma anche ungheresi russi austriaci greci belgi e inglesi.

Tutto il mondo costituì alleanze contro fazioni avversarie.
Diciotto! E finisce la guerra ma a quali condizioni?
Tra morti e feriti se ne contarono oltre diciotto milioni,
o furon molti di più i caduti, forse furono stime arbitrarie.

Però, quando si parla della Prima Guerra Mondiale
è tendenza trattar solo della partecipazione nazionale
come se a morire fossero stati solo giovani italiani
e tutti gli altri? Erano forse soltanto degli scalzacani?

Scrisse l’inglese Vera Brittain in Generazione perduta
la storia dei suoi amici e fratello, e come sia avvenuta,
di ciò che accadde durante quei tremendi anni di guerra:
partiron verso fronti lontani, distanti dalla loro terra.

Nel vivo delle tragiche vicende che han fatto la storia
di Edward Brittain, la sorella le ricorda a memoria:
venne inviato di nuovo al fronte, questa volta italiano
per combattere nei pressi di Asiago in quell’Altipiano.

Al seguito di un contingente della Forza Britannica,
concesso in aiuto all’Italia dopo la disfatta di Caporetto
per combattere durante la Grande Guerra tirannica,
a pesante offensiva dell’esercito nemico, non aveva retto.

Gli austroungarici costrinsero gli inglesi ad arretrare.
Edward condusse i suoi uomini in una controffensiva
che permise  così ai britannici il controllo riguadagnare
di alcune postazioni, e ai nemici non lasciò alternativa.

Durante i combattimenti venne colpito a morte in testa
da un cecchino, e fu per i Brittain comunicazione funesta.
Vera quella volta era da lui lontana, non lo poté curare
come l’accudì a Camberwell, non restava che sperare.

Con altri quattro ufficiali il suo corpo venne sepolto
nel cimitero britannico di Granezza, tra Lusiana e Asiago.
Vera pianse, depressa e affranta, il suo fratello morto.
Decise poi di raccontar la storia, e non fu certo vano.

Scrisse: Per quasi cinquant’anni il mio cuore per intero
è rimasto a vagare in quel lontano italiano cimitero
Oh, Edward, sei così solo qui, che desidero restare
a te vicina e sulla tua tomba per sempre riposare.

Su questo altipiano dove vi è solo pace e dignità
lontano dal mondo e dagli inutili e aleatori tentativi
di ricostruire la perduta civiltà, considero i conflitti
veri inaccettabili crimini contro l’intera umanità.

Compresi realmente cosa fosse la maledetta guerra
non quella enfaticamente sostenuta dalla propaganda
ma quella vera che a morire tanti giovani uomini manda
come fossero bestie, oh, quanto dolore su questa terra!

La figlia di Vera la richiesta della madre onorò
E nel mese di settembre del 1970 la sua cenere
sulla tomba dell’amato fratello Edward disseminò.

Danila Oppio


MARINA ABRAMOVIC - LA SUA MOSTRA A PALAZZO STROZZI E IO LA VORREI....STROZZARE - di DANILA OPPIO



Della Abramovic ricordo di aver visto due video relativi alle sue performance. Uno riguardava l'incontro lungo la muraglia cinese tra lei e il suo compagno, per dirsi addio. L'altra è lei seduta ad un tavolino, dove i visitatori si devono sedere in una sedia posta di fronte, guardarla negli occhi senza parlare. Poi, tra la folla, arriva lui, il suo ex, si guardano a lungo, e parlano solo i loro occhi, poi si sfiorano la mano...e lui se ne va.
Sarà il mio romanticume che viene a galla, ma quelle scene mi sono piaciute. Mi fanno inorridire invece quelle delle ossa, ma se si va a guardare il loro significato, che rappresenta l'ecatombe del popolo serbo (da cui proviene l'artista) allora si comprende tutto il dolore straziante che la performance contiene.
Ma è la performance THE LOVERS a celebrare, nel 1988, la fine di questa relazione sentimentale e professionale. I due artisti si incontrano per dirsi addio a metà della Grande Muraglia cinese, dopo aver percorso a piedi duemilacinquecento chilometri ciascuno, partendo lei dall'estremità orientale e lui da quella occidentale.

Negli anni Novanta il dramma della guerra in Bosnia ispira l’opera Balkan Baroque (1997), che le vale il Leone d’Oro alla Biennale di Venezia del 1997, e che assurge a metafora contro tutte le guerre. All’interno di un buio scantinato, Abramovic pulisce una ad una mille ossa di bovino raschiando pezzi di carne e cartilagine mentre intona canzoni della tradizione popolare serba. 


Dal 21 settembre 2018 al 20 gennaio 2019 Palazzo Strozzi ospita una grande mostra dedicata a Marina Abramović, una delle personalità più celebri e controverse dell’arte contemporanea, che con le sue opere ha rivoluzionato l’idea di performance mettendo alla prova il proprio corpo, i suoi limiti e le sue potenzialità di espressione.
L'evento si pone come una straordinaria retrospettiva che riunisce oltre 100 opere offrendo una panoramica sui lavori più famosi della sua carriera, dagli anni Sessanta agli anni Duemila, attraverso video, fotografie, dipinti, oggetti, installazioni e la riesecuzione dal vivo di sue celebri performance, attraverso un gruppo di performer specificatamente formati e selezionati in occasione della mostra.
Ma chi è Marina Abramovic?
Marina Abramovič è un'artista serba naturalizzata statunitense. Attiva fin dagli anni Sessanta del XX secolo, si è autodefinita come la «nonna della performance art»: il suo lavoro esplora le relazioni tra l'artista e il pubblico, ed il contrasto tra i limiti del corpo e le possibilità della mente. 30 novembre 1946 (età 72 anni), Belgrado, Serbia.


Ora però vorrei dire la mia impressione sulla mostra - che non ho visto ma della quale ho letto alcune notizie - e sull' "arte" di questa donna.
Per quanto riguarda la mostra, si è avvalsa di figuranti, la qual cosa ha tolto l'importanza della stessa, in quanto mancava la protagonista principale, ovvero Marina. Del resto, una donna di 72 anni si guarda bene dal farsi vedere nuda, priva di quella plasticità tipica dei giovani. 
Posso comprendere il significato dell'addio sulla muraglia cinese, forse un modo per esprimere il distacco, o forse l'incomprensione tra due esseri che un tempo si erano amati. 
Posso entrare nel merito delle ossa di manzo scarnificate, simbolo della guerra crudele avvenuta nella ex Jugoslavia. Segno di dolore, di morte. 
In tutta sincerità non mi pare significativo il dover oltrepassare una porta, ai cui stipiti sono appoggiate due persone nude e lo scopo sarebbe quelle di sfiorarle nel passaggio.
Poi Angela mi racconta:

ho aperto anche le porte piccole delle sale, paludate da una tenda a cannule e in una di queste c'era un video sonoro
con un gran bel ragazzo nudo sulla riva di un mare, coi piedi nell'acqua, che si faceva una sega al ritmo canticchiante della pioggia.
Rido tra me e me! Questo tipo di performance la conoscono bene anche gli adolescenti, e gli uomini in genere.  Scommetto che non ve n'è alcuno che non si sia cimentato in simili esperimenti!! Ma dai, cosa significa questo genere di arte, e come mai questa Marina ha ottenuto un così grande successo?
Posso tirare ad indovinare. La decadenza dell'arte è palese. Ora si cerca solo di 
colpire con performance che si pensa possano stupire. A volte ci si riesce, a volte no. Ma ho trovato una risposta esauriente nella favola di  Hans Christian Andersen. Ve la racconto brevemente. La gente è davvero tanto credulona?

Un imperatore spendeva tutti i soldi per comprare nuovi abiti, trascurando ogni altra attività. Un giorno giunsero in città due imbroglioni, che dissero di saper tessere la stoffa più bella del mondo. I vestiti fatti con questa stoffa avevano la particolarità di essere invisibili alle persone che erano completamente stupide o non adatte a ricoprire la carica che avevano.

Presi i soldi dall'imperatore, i due impostori montarono due telai e fecero finta di tessere la stoffa, senza però utilizzare la seta e i fili d'oro che ricevevano e che nascondevano invece nelle loro borse. Nei giorni seguenti, l'imperatore mandò dei fidati funzionari per vedere come procedeva il lavoro: essi non videro niente ma, per paura di sembrare stupidi o incapaci, lodarono il tessuto, i suoi colori e i suoi disegni.

Dato che tutti parlavano di quella magnifica stoffa, anche l'imperatore volle vederla e si recò, con uno stuolo di uomini scelti, dai due imbroglioni che continuavano a far finta di tessere. Nessuno vide niente, ma di nuovo tutti, per paura di sembrare stupidi o incompetenti, elogiarono il tessuto e proposero addirittura che l’imperatore si facesse fare con quella stoffa un abito nuovo per il grande corteo. I due imbroglioni stettero perciò svegli tutta la notte, al chiarore delle candele, facendo finta di tagliare e cucire il nuovo vestito e, la mattina seguente, convinsero l’imperatore a spogliarsi, ad indossare l’abito che non esisteva e a guardarsi allo specchio: tutti, a partire dall’imperatore, lodarono i vestiti che in realtà non vedevano.



Durante il corteo pomeridiano i ciambellani, i funzionari e tutti i sudditi lodavano la foggia i colori dei vestiti nuovi dell'imperatore, facendo finta di vederli, per non passare per molto stupidi o indegni della carica che occupavano. Ad un certo punto, però, un bambino gridò: “Ma non ha niente indosso!”, e la voce dell’innocenza convinse tutti che l’imperatore era nudo. E all’imperatore, sicuro che la gente avesse ragione, non rimase che continuare il corteo, coi ciambellani che facevano finta di reggere uno strascico che non c’era.


Personalmente le performance che vengono definite arte, mi pare aderiscano perfettamente alla favola di Andersen. Se non si applaude davanti  a certe installazioni si passa per inesperti, per arretrati, per disinformati, praticamente per degli stupidi. E così ecco che queste installazioni "artistiche" vengono accolte da Musei di grande fama, e la gente accorre a frotte, per farsi prendere per il naso. Non a caso (ne è uscita pure la rima) la Abramovic proprio a Palazzo Strozzi, nel mese di settembre, e stata presa a colpi di tela da un visitatore che evidentemente non solo non ha apprezzato le sue opere, ma si è anche sentito preso in giro da questa montatura faraonica sulle opere esposte. 
Considerato che l'amica Angela Fabbri ama dire quel che pensa, e bisogna accettare il suo pensiero, per par condicio ho voluto esprimere il mio, e aggiungo che quanto la signora Marina crea, mi riconduce alla famosa scatoletta di Pietro Manzoni, nella quale sosteneva di aver racchiuso la propria merda.
Ma almeno lui ha dato alla sua opera il giusto nome: MERDA!

Danila Oppio

giovedì 22 novembre 2018

BLACK FRIDAY PER STORIA DI VERA di Danila Oppio

Parte già da oggi il Black Friday su Amazon, per l'acquisto del mio romanzo STORIA DI VERA, e finisce entro la mezzanotte di domani. Chi fosse interessato all'acquisto lo avrà scontato del 40%

Ecco le coordinate della pagina online di Amazon, dedicata a STORIA DI VERA.

https://ipaziabooks.com/2018/11/15/ipazia-black-friday-per-storia-di-vera-23-novembre-2018/

https://www.amazon.it/s/ref=nb_sb_noss?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&url=search-alias%3Dblack-friday&field-keywords=STORIA+DI+VERA+di+Danila+Oppio

Se cliccate sul secondo link, troverete direttamente la pagina dove è in offerta il mio libro.Non fate caso a quel che dice, cliccate sulla copertina e si apre la pagina dove è in vendita il libro. 
Oppure entrate nel sito amazon.it, digitate nella targhetta qui sotto, come ho fatto io, il titolo del libro e il nome dell'autore e cliccate la ricerca.


Vi apparirà


mercoledì 14 novembre 2018

Amalia Guglielminetti si racconta... di Danila Oppio



A seguito del Concorso Letterario Internazionale LA LUNA E IL DRAGO - X Edizione, nella cui antologia è inserita la mia poesia dedicata ad Amalia Guglielminetti, Anna Montella ha realizzato questo video. La musica di sottofondo è SERENADE di Shubert da me voluta. 









martedì 18 settembre 2018

SOGNAI di Danila Oppio


SOGNAI

Sognai
una pioggia di stelle
e di baci a mille.

Sognai
carezze audaci
e coccole procaci.

Sognai
che pioveva a catinelle
e non mi bagnai.

Sognai
ma in un arido deserto
mi risvegliai.

Sognai
e tra le mani vuote
solo sabbia mi ritrovai.

Danila Oppio

giovedì 13 settembre 2018

Premio Concorso A.L.I. Penna d'Autore a Danila Oppio per la poesia LETTERA INEVASA


Oggi ho ricevuto il plico contenente il mio premio, accompagnato dalla gentile lettera del Presidente dott. Nicola Maglione.
La mia composizione poetica è stata pubblicata nella splendida antologia POESIE D'AMORE





Che dire? Che sono molto felice per questo ambito riconoscimento!

Danila Oppio

mercoledì 5 settembre 2018

STORIA DI VERA di DANILA OPPIO edito da IPAZIA BOOKS

E' appena uscito il mio nuovo libro, un romanzo biografico, titolato STORIA DI VERA, edito da IPAZIA BOOKS di Dublino.

I disegno di copertina è opera mia. Se vi piacciono le storie vere, questa di Vera è assolutamente reale, e potete leggere la sinossi, e un estratto del libro, che troverete qui ma anche ai link qui sotto riportati, dove potrete, se lo desiderate, ordinare il testo sia nella versione cartacea che in quella per Kindle, ovvero in Ebook.

Sinossi
È la più profonda provincia veneta segnata dalla cronica emigrazione in Svizzera e oltreoceano, le sue campagne inondate di sole, profumate di fiori e roseti, di terreni coltivati, divelti da fiumi esondati, con la Milano che tra gli anni ’50 e ’60 affermava il suo status di capitale industrializzata di una nazione, a fare da sfondo a questa biografia di vita. Come una fiaba post-moderna, intessuta di colori a volte grigi a volte sgargianti, di sentimenti a volte nobili a volte infimi, di umori che sanno di antico e di buono, la storia di Vera si racconta semplice tra flash-back e ricordi d’infanzia, tra nostalgia e rimpianto. Sarà quindi tra le maglie allentate di un destino che costringe, che si fa madre dispotica e ingrata, società snob e pettegola, ma anche occasione di carriera mancata, che l’indomito spirito di ribellione della protagonista troverà la forza di esaltarsi, di uscire allo scoperto e di presentare al mondo una donna ormai cresciuta, provata nell’esistenza, modellata dall’esperienza, ma indiscutibilmente… vera!



Estratto

Ancora oggi Vera si ricorda di come il versante del monte Avena fosse, nella parte del fianco più dolce vicino alla pianura, tutto un vigneto ben curato. Sua madre le raccontava di quando, lei ancora bambina, si caricava sulle spalle la gerla che conteneva il concime naturale prodotto dalla mucca nella stalla e, appena spuntava l’alba – perché si vergognava a farsi vedere dai paesani con quella gerla non proprio profumata – salisse il ripido sentiero per arrivare al vigneto di famiglia a stendere il letame sotto le viti. Poi tornava a casa per prepararsi ad andare a scuola. La fatica era tanta per una bimba di pochi anni, ma la nonna aveva altre due piccoline da curare e il nonno lavorava in America. Anche questo fu uno dei motivi per cui l’uomo non voleva altro terreno montano, e preferiva la pianura, dove già possedeva alcuni appezzamenti chiamati il Conte, Morosini, Longar, oltre a un lungo campo, lungo i confini della casa. Tempo dopo acquistò anche un altro terreno chiamato Le Jare, e fu proprio quello il suo pessimo investimento.
Come se non fossero stati sufficienti quei disastri naturali che lo avevano colpito, le finanze della famiglia furono messe a dura prova anche dal fatto che la moglie, la nonna di Vera, avrebbe dovuto subire un intervento all’ospedale di Padova. In quel periodo infatti non esisteva ancora l’assistenza mutualistica, per cui il costo del ricovero ospedaliero e dell’operazione lo avrebbero dovuto pagare i parenti del malato, così come l’acquisto dei farmaci per le cure.
Povero nonno, si disse Vera, non aveva retto alle vicissitudini che lo avevano travolto al suo rientro in Italia! E pensare che aveva lavorato tanto in America, sebbene anche lì avesse perso parte dei risparmi dopo la Grande Depressione del 1929! Stanco di essere sempre solo era rientrato in maniera definitiva, sicuro che con l’acquisto di quei terreni avrebbe potuto garantire il futuro della famiglia. Ma quelli erano tempi difficili per tutti, soprattutto per una regione come il Veneto che certo non era il territorio ricco e benestante di oggi. Tantissimi suoi figli furono costretti a emigrare, chi verso le Americhe, chi in Germania, Svizzera, Francia, Belgio, ma anche in altre regioni italiane e nelle grandi città industrializzate come Milano, Torino o Brescia: dovunque pur di dar da mangiare alla famiglia!
Oggi Vera si rammarica soprattutto per avere appena fatto in tempo a conoscere il nonno. Tuttavia, anche se era piccolina se lo ricorda bene: si ricorda che l’uomo appendeva il jacket di jeans a un chiodo infisso alla porta esterna della cantina, che indossava gli overalls quando si recava a lavorare nella vigna, e che, se si arrabbiava, imprecava con un’espressione tipicamente americana «Son of a bitch!». In altre occasioni, quando qualcuno chiacchierava troppo, lui gli ordinava:«Shut up!». Nonno Angelo mescolava il dialetto veneto con una marea di vocaboli della lingua inglese che aveva imparato negli Stati Uniti.
……(….)…..
I nonni avevano costruito il loro nido d’amore, ma mancava il becchime, cioè gli schei, i quattrini, per vivere decorosamente. Fu per quel motivo che il nonno un giorno salì su un bastimento – a quel tempo si chiamavano così – e dal porto di Genova salpò affrontando un viaggio durato quasi un mese, per raggiungere la… Merica. L’uomo fu assunto in qualità di minatore nelle miniere di carbone dell’Illinois, dove già erano andati a lavorare il padre e gli zii. Prima di lui anche gli zii e i fratelli della moglie erano emigrati nelle Americhe prestando la loro opera come muratori, operai nelle fabbriche, tutti lavori che gli americani si rifiutavano di svolgere perché troppo faticosi. Un po’ come capita oggi in Europa, con gli immigrati ucraini, albanesi, latinoamericani, filippini, dato che anche i giovani europei non vogliono più spaccarsi la schiena. La mamma di Vera vide suo padre per la prima volta quando aveva quattro anni, perché i viaggi erano costosi e le ferie maturavano dopo lunghi periodi. E comunque lui restò giusto il tempo per mettere in cantiere la seconda figlia, Corinna, prima di ripartire per tornare in Italia dopo altri quattro anni. Accadde così anche quando nacque la figlia Rosa, la cui gemellina morì dopo solo tre giorni, e accadde pure in occasione della nascita del figlio maschio, Nino. Il nonno ripartì quell’ultima volta, ma decise di smettere di fare figli: per quanto energica e forte la moglie non avrebbe più potuto occuparsi di una famiglia ulteriormente allargata! Il troppo lavoro fu anche la causa dell’ulcera gastrica che la costrinse al ricovero all’ospedale proprio quando il torrente Cismon esondò. Il dolore può portare gli uomini alla disperazione: questo fu proprio ciò che accadde al nonno di Vera e lui… crollò!


Danila Oppio – Libera professionista, ha lavorato presso un’agenzia pubblicitaria internazionale, scrive e dipinge per passione. Spirito poliedrico e curioso, è autrice di diverse sillogi poetiche, di fiabe per bambini e di due romanzi brevi, anima tre blog. I suoi lavori, alcuni dei quali sono apparsi in diverse antologie, hanno ottenuto riconoscimenti e menzioni in concorsi dedicati alla poesia e alla scrittura.