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domenica 22 gennaio 2017

I CIELI DI GERUSALEMME di Laura Vargiu - recensione di Tommaso Mondelli


 
   
              I CIELI DI GERUSALEMME

     La promettente scrittrice cagliaritana Laura Vargiu irrompe ancora sulla scena, poco prima del Natale scorso, con due nuove pregevoli opere, a distanza di breve tempo dall’aver pubblicato altri libri. Nel frattempo ha partecipato a numerosi concorsi letterari, qualificandosi sempre ai primi posti, con racconti e poesie.
    Mi riferisco a “VIAGGI Racconti mediterranei” un testo in prosa, e a “I CIELI DI GERUASALEMME e altri versi vagabondi”, in poesia.
Desidero occuparmi, in particolare, della sua notevole, profonda, alta e rigogliosa  opera poetica.
Le settanta pagine si leggono d’un fiato, ma occorre tornare a rileggerle con profonda attenzione, per coglierne appieno i frutti che il prezioso scrigno raccoglie.

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    “Si specchiano i cieli di Gerusalemme / nella vanità delle cupole d'oro ...”
L'oro e, a lato, sotto le rovine materiali e morali di due popoli fratelli, cui non è dato diritto alla pace, che dovrebbero vivere in armonia e benessere, mentre sono preda dell'avidità, voracità e ingordigia di chi li usa come pedine degli scacchi, pro loschi affari. Non è solo una vergogna, è una barbarie allo stato puro.
     “Una sera ad Amman / vidi me stessa ...”
Un incontro geniale tra natura e uomo che sostiene il confronto nella finalità dell'essere per l'armonia con la natura, per un pacifico confronto, rispecchiarsi in lei, ma per questo dobbiamo conoscerla, per non violentarla.
     “Veloci e distratte / le strade del Cairo ...”
Dove si condensa la marea umana all'ombra di maestose Piramidi pronte a testimoniare la grandezza e la miseria di un’antica e solenne civiltà, custode di una preziosa biblioteca che ha conosciuto i fasti gloriosi della cultura, come l'ignoranza e la barbarie dei primi roghi.        
     “Quel giorno, al confine dei giorni / quando ritroverò il mio tempo / rimasto ad aspettare / sulla soglia delle stagioni inespresse / e la felicità sarà / soltanto un infinito viaggio / che non impone partenze / né attende ritorni ...”.
     Il pellegrino solitario di questa valle di lacrime, quando arriva dove il futuro si blocca, non può che sedersi e voltarsi indietro per fare il bilancio del suo passato e, nel rammarico di non poter convertire gli errori, si arrende al destino che gli è stato assegnato: non essere il re dell'universo, ma una cosa tra le cose.
     E tra “... parole e pensieri …” e voli pindarici, di verso in verso, si legge: “Vorrei un mondo solidale più che digitale ... un mondo dove d'indecente / resti sempre l'onestà della tua mente”.
Guida e bussola della nostra terrena crociera fino a che giungeremo stanchi all'ultimo porto.
    “Resta solo il silenzio / a cova tra le ceneri / del nostro tempo già spento...”.
Il tempo delle accese speranze e delle illusioni perdute, le sconfitte subite, e non resta che il silenzio, il darsi per vinti o reagire in modo energico per rimanere vivi sulla ribalta, e la poetessa Vargiu lo fa con il suo forte estro per la scrittura e la genialità della sua poesia. Non c'è qualcosa di leopardiano nei suoi struggenti versi? A mio parere sì, e tanto.
     Consiglio vivamente di leggere queste sue toccanti liriche.
                                                                   Tommaso Mondelli

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