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venerdì 5 agosto 2016

LISIFOBIA di Roberto Vittorio Di Pietro

         

Cara Danila,

ancora presente sul computer, ho per caso ritrovato questo mio componimento decisamente provocatorio (“Lisifobia  - Audenesque”), alcuni anni fa pubblicato nel contesto della mia silloge intitolata “Il vero, il bello…l’anello che non tiene”. 
Glielo sottopongo segnalandole in particolare la nota che lo accompagnava (tratta da un saggio di Alfonso Berardinelli, in cui – piuttosto giustamente, credo – ci si sofferma a riflettere, almeno un poco, su alcuni orientamenti di poesia post-moderna anche al di là di quegli steccati geo-culturali squisitamente ‘nostrani’ (o tardo-crociani?) che spesso tuttora tendono, per inerzia, a condizionarci nel gusto e nelle scelte.



L I S I F O B I A
(Audenesque)

(Un popoloso centro balneare,
intorno a mezzanotte, o giù di lì.)

Sballottata fra mille passeggini
trainati in lungo e in largo per le strade
da giovani tatuati, inanellati,
leziosi mammelluti neopapà,
alzava gli occhi al cielo, e si stizziva:
“Si trova ancora in giro qualche… donna…
che senta in sé il calore di una mamma?…
Che sti figlioli… un poooco…li curasse!
con giudiziosa… saaana e naturaaale…
fem-minil-mente giusta… volontà!...
La vedi, invece, lei?... Se e quando c’è,
ha l’aria d’unaaa…squillo! Sulla scena
neanche per scommessa muove un dito!
Sempre un bicchiere dopo l’altro in mano…
e beeeve, lei…tracanna! E quanto fuuuma!
Dei figli suoi? Lei ufff…lei… se ne impipa.
Inaudita, la trovo, sta rivalsa…
del matriarcato! E tu?... tu che ne pensi?
A te non sembra tutta… unaaa…vergogna?...
Alleeegre, e alè! Se prima si chiedessero
chi sia quel… tizio… che le porta a letto?...
L’errore di uno sballo in discoteca?…
 o un vero uomo, degno di… impalmarle?...
Dopo averle per sbaglio! ingravidate.
   Guardali, sti…maa-ri-ti! Se li stringono
come cagnette!… gatte possessive!
quei cuccioli che frignano, che scalciano…
ribelli e inaciditi! Commoventi
creaturine… usate come…bambole!
Poi, sentili! Li senti?...‘Dooormi., amoooreee…’
Ma quale amore! Un branco diii…mollicci.
Altro che paroline e gesti insulsi…
Ai  porci comodacci  rinunciassero,
loro e quell’altre…stupide fattrici!
Li vegliassero in casa, i loro…puuupi…”

(Le dissi: “Attenta, che c’è qui… una biiiciiii!”
Ci vidi sopra un bimbo in braccio a un tale
con una mano sola sul manubrio…
Un pelo e c’investiva, tutti e due!…)


“Lo…veeedi? Anche l’insulto!!!...” (E, in quel frangente,
le piovve addosso, da non so che nube,
il ciuccio inumidito di un lattante.)
Riprese, con ferocia: “Ri-pu-gnante!
No?...non t’accorgi, teee, di questa vile,
mostruosa, osceeena…e ovunque riscontrabile…
bruta emasculazione…della psiche?!...”

“Palmare,” le risposi, divertito.
“Più del big bang, fra scienza e nuda ipotesi.
Però, se i sessi, cara, a ben frugare
sotto le vesti, si son fatti identici…
nel senso ch’è scomparso ogni attributo
di un certo, ehm…peeeso?…che li distingueva,
l’errore in fondo è vostro…non dicevi?

(Mi porse il viso, anzi due labbra turgide
come sospinte dalla brezza estiva.
Mi ci accostai; e le lasciò dischiuse.
Glie le baciai; già la trovai ammansita.)

“Bambina! Come crederlo anormale,
quel femminile in loro?…E’ un omo…logico
risveglio…di hm…quel dolcemente fisico…
assiduo, ricorrente, incoercibile,
teeenero vostro istinto… naturale.
Ch’è voglia, sana voglia…e quanta voglia!…
insoddisfatta di…hmm…  mma-ter-nità?…”

Roberto V. Di Pietro
(alias Momo Sabazio)




(*) W. H. Auden  scrive poesia con una tale larghezza di mezzi…da apparire non soltanto un poeta, quanto piuttosto un drammaturgo e un saggista in versi. Auden libera la poesia moderna dai suoi purismi  e dai suoi rigori.  Scioglie quella specie di “paralisi della discorsività” che aveva colpito i poeti dal simbolismo alle avanguardie, uscendo sia dal culto della forma assoluta che dall’informe caotico: restituisce alla poesia una ricchezza semantica e una robustezza formale precedentemente perdute, che anche poeti intellettuali come Eliot avevano ricostruito a fatica. Auden ha scritto versi a centinaia, lunghi poemi di riflessione diligentemente redatti in versi tradizionali. E’ capace di versificare qualunque cosa, non fissa confini tematici di argomento e di tono alla sua poesia. La teatralità della sua versificazione, a volte parodistica, a volte oratoria, riporta la poesia nelle dimensioni della conversazione, della satira, dell’ecloga, del saggio e dell’epistola in versi, del sermone…Auden parla e pensa in versi. E i suoi versi, con la loro polimorfica imprevedibile regolarità, sembrano essere per il poeta solo strumenti tecnici per pensare meglio, gioco e musica senza cui l’intelligenza non riuscirebbe a funzionare altrettanto bene. “La poesia non è magia -- ha scritto egli stesso – “Se si può attribuirle uno scopo ulteriore, questo consiste neldisincantare e disintossicare, dicendo la verità.”
(Poesia non poesia – Alfonso Berardinelli)

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