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Questo blog è di Danila Oppio, colei che l'ha creato, e se ne è sempre presa cura, in qualità di webmaster.

sabato 5 ottobre 2013

RIFLESSIONI DA SOGNI E BISOGNI

 
 Si sveglia, Ezechiele, sudaticcio, ansante, urla non sa a chi e a che cosa. Si dimena, cerca il cuscino, strappa il lenzuolo, sente che è bagnato ma, in pari tempo, non se ne rende conto. Non è sveglio ma crede di esser solo, anche se al suo fianco dorme e ronfa la sua Gerundia. Non prova nemmeno a turbarla con le sue agitazioni post-sognatorie; la guarda, ne fissa il corpo raggomitolato e scomposto tra le coperte, tocca le sue rotondità inferiori, ne prova brividi, di amori passati, anche trasgressivi; si sente rimpicciolito e le chiede scusa per averlo fatto.
Ma allora il sogno non è finito se Ezechiele continua ad esporsi ed imporsi emozioni che solitamente non l'accompagnano!
Riesce a spiegarsela  questa sensazione di stordimento, come se il cervello stesse ordinando di aprire bocca, di parlare, non a vanvera, ma di quello che aveva appena sognato, insomma un ordine soprannaturale, che di divino non aveva niente, nemmeno di realistico, nemmeno di verità se riferita all'attualità.
Si, il sogno è finito, pensa Ezechiele, ma lo deve raccontare a Gerundia che dorme e può darsi che lo ascolti, visto che non lo fa mai.
Ascolta Gerundia ero bambino nel sogno e non ero solo, in una casa di campagna, lontano da qui, lontanissima nel tempo, in cui essa era il fulcro della nostra famiglia, che non era numerosa ma sempre circondata da altre famiglie. Era lontana dalle grandi città, quasi isolata da tutto il male  che anche allora si produceva. Era bianca, coi tetti dalle tegole rosse e non aveva i pluviali moderni, per cui, quando pioveva, ogni tegola finale si trasformava in una cascata d'acqua cristallina, sì da farla assomigliare ad una zampillante fontana al rovescio.
Di comodità ce ne erano poche, ma il poco che c'era era più che sufficiente per rendere vivibile ed allegra quella nostra esistenza.
Gerundia, tu non l'hai conosciuta perché tuo padre, militare, andava girando per mezzo ; stivale; ma dopo tanti anni l'hai vista anche tu quella terra e te ne sei innamorata.
Noi bambini, innocenti come l'antica ostia, la calpestavamo da mane a sera, tra sassi, polvere e fango, inseguendo cani e gatti, inseguendo maiali diretti al porcile o le galline al pollaio.
La fine di una giornata ci sembrava il gioco  di una ruota, colorata e leggera, che facevamo correre fino ad arrivare al muro alto della vigna, oltre il quale non si poteva.
Quel muro per noi significava il vespro incantato; poi il buio della notte ci abbracciava tutti, grandi e piccini, come in una grande coperta di lana calda.
Quante paure per un rumore inconsueto, quante notti con gli occhi aperti per sentire i cani che latravano o inseguivano, mugugnando, le volpi che quotidianamente attentavano all'incolumità del nostro pollaio! Quante paure al sibilo del maestrale che costringeva i fragili steli di grano, orzo e avena ad inchinarsi alla sua violenza! Quanti ricordi, quando noi due assieme non esistevamo e questi giorni erano ancora lontani lontani!
Ricordi, sì, tutti belli, quasi narrati per una favola d'altri tempi, scovati nei meandri della memoria di persone, di famiglie dedite al  lavoro, all'amore e al rispetto della terra, già ferita ma non sanguinante come oggi.

Gerundia si scosse nel corpo travolgendo coperte e cuscini e lui stoppò le parole del suo sogno.
-Mi hai sentito, per caso? Sei sveglia? Perché non rispondi? Non ti piace? E tu dov'eri a quell'età? Perché........-
S'interruppe ancora, Ezechiele, per guardare la sua compagna, ma, non avendone ricevuto segnali, seguitò a parlare di quel sogno, meravigliando sé stesso, ma anche la donna che faceva finta di riposare e dormire.
-Dov'eri tu quando io e i miei fratelli, con cugini e parenti e tutti quelli che ci circondavano, dov'eri tu? in questa nostra  stessa terra, ricca di umori, bagnata dal sudore di chi zappava o stringeva le manopole di ferro del vecchio aratro di legno? In mezzo agli animali liberi di pascolare e abbeverarsi a quei vasconi granitici dove l'acqua gorgogliava e scorreva da sempre? Dov'eri?
Dov'eri creatura, povera o ricca di quei ricordi che io, ora, ti sto mostrando, scrivendoli quasi sopra l'acqua, perché se li porti via?...............Mi hai sentito? -

Il silenzio s'impadronì nuovamente della stanza, mentre il respiro ansioso dei due la riempiva di un altro sogno, metafisico, costringendo Ezechiele a sgusciare dal letto e portarsi davanti allo specchio. Vi si guardò, era sveglio, la faccia stralunata, ma vera; le occhiaie incipienti assieme a qualche ruga lo rendevano stanco.
Pensava, oltrepassato l'anno 2000 dopo Cristo, all'astrusità del suo sogno, al non ritorno, alla beffa di quel pensiero romantico rapportato al suo stato attuale, anche davanti ad uno specchio.
-Che schifo! - disse e tornò a dormire.
Ma  non vi riuscì, perché Gerundia, sveglia, l'aveva ascoltato ed era seduta sul letto, con le gambe divaricate e i polsi e le mani puntate sul materasso, in una posa che sembrava di sfida.
Non voleva sfidarlo, Gerundia, anzi; era rilassata, incuriosita e, nonostante l'età, giocosamente penetrante nello sguardo mentre gli diceva:
-Perché non hai continuato a dirmi del tuo sogno? Sono convinta che non hai finito! -
-Scommetto che hai sentito tutto! -
-Si, tutto, ma il tuo  non è un sogno così irreale, perché è fatto di carne, di alberi, di animali, di amori che ti appartengono ma che non possono più essere tuoi. Puoi soltanto ricordarli, forse ti fanno bene, forse ti fanno male, tienteli così come sono e basta! -
-Hai ragione! -asserì Ezechiele, poi, quasi vittima della curiosità che aveva dato voce alla domanda su l dove si trovasse Gerundia, proseguì: Comunque, visto che mi hai ascoltato, mi devi una risposta perché ti chiedevo: dov'eri? -

-       Ero lontana – mormorò Gerundia, iniziando a sua volta a raccontare , lontana da questa terra, ma vicino, molto vicino a quei luoghi dove si produceva il male da dove questo dilagava come fiume in piena, portando dolori, miseria e morte.
-       La mia famiglia era come la tua, il lavoro, i sentimenti, gli amori, tutto uguale. La terra no, perché essa apparteneva alle regioni del Nord-Est d'Italia, da sempre nelle mire politiche di chi stava dall'altra parte della frontiera.
-       Fuggimmo in tanti da quelle terre. Oggi non è come allora. L'Italia è unita, da nord a sud, da est ad ovest, anche se abitudini e costumi ci separano in un caleidoscopio dove è bello guardare, ascoltare e farsi ascoltare, nel rispetto dei propri sentimenti.
-       Ma questo non fa parte del tuo sogno né tanto meno del mio.
-       Invece, poiché viviamo in questi anni così bui e disgraziati, mi sarebbe piaciuto continuare ad ascoltare quello che stavi dicendo come fosse un racconto, perché mi ha riportato in un periodo della nostra vita dove tutti, compresi noi due, ancora bambini, avevamo voglia di crescere, voglia di rispettare e di costruire una società sana senza la bramosia e la fretta che oggi ci contraddistingue.
-       Siamo ben svegli, adesso – continuò Gerundia -. Se vai a leggere i giornali, nella cronaca di vita quotidiana,  non trovi più niente che ti riporti ai sentimenti di una volta. Trovi, invece, faciloneria, prepotenza e disordine che l'odierna civiltà ci sta imponendo. Soprattutto quel disordine morale, ma pure materiale, nel quale tutti i giorni cerchiamo di non riconoscerci, pena il coinvolgimento nostro e dei nostri figli. -
-       -Hai sognato anche tu? - chiese Ezechiele.
-       -Non ho sognato – riprese Gerundia – ho ascoltato le tue parole mentre le mie sono diventate ormai utopia. A volte un senso di colpa mi abbraccia  e faccio autocritica e tendo ad isolarmi, proprio per sentirmi dentro. Quell'io mi dice che nemmeno noi abbiamo fatto abbastanza per evitare l'inutile, il superfluo,l'effimero, per quel desiderio soltanto umano di essere e volersi rappresentare ad ogni costo, nel bene e nel male.
-       Fuori dalle nostre case ci sono uragani trascinatori e allora mi vengono in mente le sirene
-       di Circe, troppe sirene con troppi canti che, purtroppo, incantano i nostri giovani..-
Quindi, vedi bene che anche il mio é un sogno, non a occhi chiusi come il tuo, ma ad occhi aperti. Però é più bello il tuo, é più vero, rispecchia quel sogno che dovrebbe essere di tutti,
-       in questa realtà di vita empirica che pare dare premi di felicità a chiunque li cerchi e questo é falso.
-        
-       Ho finito, sono quasi stanca ed é già mattina!
-       Andiamo anche noi per strada e confondiamoci.
-       Nel silenzio.

Gavino Puggioni
Da Nel silenzio dei rumori



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