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Questo blog è di Danila Oppio, colei che l'ha creato, e se ne è sempre presa cura, in qualità di webmaster.

venerdì 23 novembre 2012

QUANDO...





.....si scrive l'ultima riga. Sconvolgimenti a volte dolorosi, altri di inconsapevole accettazione del passo che si è fatto in alternanza, al contrario, con pensieri che rimandano ad una vita professionale che è stata ricca di rinunce ma anche generosa di soddisfazioni.
In questi giorni non sono state poche le persone che, avendo appreso della chiusura del mio quindicinale Il Sassarese che ho fondato 39 anni fa, nel 1973, e che il 30 di ottobre scorso ho...mandato in pensione, mi hanno fermato per la strada esternandomi “tutto il loro dolore”, il dispiacere di non poter più sfogliare quel giornale.
Non pochi si sono inoltrati in fantasiose teorizzazioni sulla ripresa delle pubblicazioni. Non nascondo di essermi, a volte, commosso e altre volte in cui non vedevo l'ora che smettessero di magnificare e la mia persona e il mio giornale.
Tutti, di sicuro, in buonafede, gente davvero conscia che la fine di un giornale è una voce in meno di cui si sentirà la mancanza anche se magari non se ne condividevano i contenuti.
E forse qui, l'apprezzamento mio personale è per coloro che nel corso degli anni, pur sapendo chi fossi e che cosa facessi, mai si sono fermati a dirmi un benchè minimo pensiero su Il Sassarese.
La buona fede va premiata e quindi con taluno mi sono soffermato a parlare del panorama sardo dell'informazione.
Il Sassarese è stata una bella esperienza, soprattutto quando si pensi che quand'è nato, l'esigenza veniva dal profondo di un credo professionale assolutamente ed eticamente sentiti. Non un modo per impegnare la giornata, per impiegare la giornata. ma il modo per dare qualcosa agli altri, essendo questo il mio credo.
Non fu facile affrontare tutte le difficoltà varie inerenti l'attività editoriale, vedi redazione, arredi, macchine da scrivere, telefoni, risme di carta, contatti con la tipografia, iscrizione alla Camera di Commercio, partita Iva, affitto da pagare come i collaboratori e, insomma, tutto quel che ancora si può immaginare. Certo, il compito gravoso era quello di trovare e stendere le notizie, le interviste a questo e a quel personaggio, la ricerca della pubblicità che a volte era addirittura paradossale.
Ad un commerciante di Sassari, negli anni settanta del secolo scorso, quando proposi la pubblicità dopo avergli illustrato Il Sassarese, la sua diffusione nel territorio isolano e le relative vendite di copie, venne quasi un collasso e mi disse, lasciandomi allibito – ma signor Porqueddu, se il suo giornale è così tanto venduto, io rischio di vedermi il negozio preso d'assalto dalla gente! No, meglio non farla, la pubblicità! -
Un altro commerciante, invece, poco convinto, mi disse che avrebbe fatto il contratto pubblicitario
“perché siamo amici”. Lo mandai a quel paese e rifiutai il contratto.
Altri e forse più paradossali episodi potrebbero venirmi in mente ma non posso scordare quello di un altro negoziante che era convinto che la pubblicità del suo esercizio l'avrei dovuta pagare io in quanto lui mi “gratificava” col nome della sua azienda, presente nelle pagine de Il Sassarese!
Le tentai tutte, non vi riuscii, era convinto delle sue castronerie e da allora quel commerciante mi tolse anche il saluto.
Ed ora che sto scrivendo le ultime righe, i pensieri arrivano a frotte e si mischiano nella mia mente.
Eccone ancora due, legati, questi, ad alcune interviste.
Un notissimo presidente di una organizzazione commerciale, diversi anni fa, mi concesse un'intervista, andai nel suo ufficio e raccolsi le sue risposte, tornando, poi, in redazione.
Il giorno dopo, quel presidente mi chiese al telefono di leggere la sua intervista prima della pubblicazione. Gli spiegai che l'etica professionale  mi impediva di fare quanto lui mi chiedeva e , nonostante le sue insistenze, rimasi sulla mia convinzione. Allora quello mi impose di non pubblicare l'intervista, cosa che, alla fine, feci. Non la pubblicai mai  ma questo  non inficiò per niente il nostro rapporto, da sempre ed ancora  ottimo.
Un episodio del genere si verificò qualche anno dopo.
Chiesi ad un notissimo intellettuale sassarese, giornalista anche lui, una intervista.
Venne in redazione, mi concesse l'intervista e, quando giunse il momento dei saluti, mi chiese di fargliela  leggere prima che andasse in stampa. Ricordo un braccio di ferro che s'allungò per diversi minuti. Sciorinai tutta la mia esperienza da vecchio giornalista, tutta la mia dialettica per convincerlo che, in qualche modo, stava mettendo in dubbio la mia professionalità. Non riuscii a convincerlo, insistette, e tanto, perché lo accontentassi cosa che accettai ma solo nel rispetto della sua età e per l'amicizia seppur didascalica che ci legava da anni. Non solo ma mi chiese, una volta finito l'elaborato, di farglielo avere a casa sua che non distava troppo, e meno male! dalla mia redazione.
Glielo portai, mi accolse nelle scale di casa, prese i fogli e mi disse che mi avrebbe richiamato per restituirmeli. Lo fece il giorno dopo.
In redazione, in possesso di quei fogli, e anche un po' incuriosito, mi accorsi che non aveva apportato alcuna correzione se non su qualche errore di battuta ma questa storia non mi piacque molto, a dir la verità.
E c'è da dire che anche queste storielle assurde, qualche volta, bisogna metterle in conto.

Se non avessi il timore di tediare il lettore continuerei su questa scia raccontando chi sa quanti altri aspetti della vita di un giornalista-direttore-redattore-editore-correttore di bozze e altro ancora.
Ma è meglio fermarsi qui e magari pensare che, forse, trentanove anni  alla guida de Il Sassarese non sono poi così tanti.
Che faccio? Rifaccio Il Sassarese?
Meglio starsene in panciolle pensando ai tempi andati, tanto, Il Sassarese è sempre qui.
Nel mio cuore.

 Enrico Porqueddu
Un giorno di novembre del  2012



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