benvenuti

Questo blog è di Danila Oppio, colei che l'ha creato, e se ne è sempre presa cura, in qualità di webmaster.

mercoledì 31 ottobre 2012

MI CHIAMANO POETA




Mi chiamano poeta. 


Poetessa, no. Non lo sono mai stata.
Ho solo scritto qualche rima baciata,

La bocca di una donna in cerca d'amore, 
Che riceve invece soltanto dolore.


Rosella Rapa

IL VENTO NON BADA AI GEMITI




(lipogramma- lettera proibita “u”)


crocevia infiammato:
il sole gioca a scacchi
con le ombre affilate della sera

l'amara voce della campana
rompe il silenzio di calce
che copre la fiacca della calura

dietro il balcone
l'ombra
agonizza nelle trame
della luce bianco pallido

nella stanza solitaria
un odore appiccicaticcio
sale dai fiori della fantasia
nati e morti
nelle pieghe della vita

immobile
sulla sedia a rotelle
una donna
vestita di odio
geme
per la sua stella spenta

...di notte
il vento non bada ai gemiti
e
non dice bugie

Giovanni De Simone

(inedita)




martedì 30 ottobre 2012

Beethoven, Symphony No 7, II Karajan, Berliner Phil



Travolgente, superba!

IN LODE A MIA SORELLA






Mia sorella non scrive poesie,
né penso che si metterà a scrivere poesie.
Ha preso dalla madre, che non scriveva poesie,
e dal padre, che anche lui non scriveva poesie.
Sotto il tetto di mia sorella mi sento sicura:
suo marito mai e poi mai scriverebbe poesie.
E anche se ciò suona ripetitivo come una litania,
nessuno dei miei parenti scrive poesie.

Nei suoi cassetti non ci sono vecchie poesie,
né ce n'è di recenti nella sua borsetta.
E quando mia sorella mi invita a pranzo,
so che non ha intenzione di leggermi poesie.
Fa minestre squisite senza secondi fini,
e il suo caffè non si rovescia su manoscritti.

In molte famiglie nessuno scrive poesie,
ma se accade – è raro che sia uno solo.
A volte la poesia scende a cascate per generazioni,
creando gorghi pericolosi nel mutuo sentire

Mia sorella pratica una discreta prosa orale,
e tutta la sua opera scritta consiste in cartoline
il cui testo promette la stessa cosa ogni anno:
che al ritorno dalle vacanze
tutto quanto
tutto
tutto racconterà.


Wislawa Szymborska
da  Elogio dei sogni
a cura di Pietro Marchesani

lunedì 29 ottobre 2012

LA SEDUZIONE DELL'ALTROVE - DACIA MARAINI



Di Danila Oppio
Se c'è una scrittrice che mi ha sempre affascinato, questa è lei, Dacia.
 Molte altre scrittrici mi hanno colpito per i loro romanzi, sia di fantasia che storici, e tra queste posso annoverare Elsa Morante, Natalia Ginzburg, Oriana Fallaci, Lalla Romano, Maria Bellonci, fino a Susanna Tamaro e molte altre. Perché solo nomi femminili? Penso che la sensibilità delle donne arricchisca il contenuto delle loro opere, senza nulla togliere ai signori scrittori che hanno regalato al mondo opere di grande valore.
Torniamo alla Maraini. Quello che apprezzo in lei, non è solo il suo stile giornalistico, quel suo fare cronaca frammisto all'acutezza e alla profondità dei suoi pensieri, ma proprio lo stile con cui si esprime: sobrio, elegante, senza fronzoli e con un uso appropriato dei vocaboli, tanto da rendere sintetici eppure ampliati i suoi racconti.
Sto leggendo LA SEDUZIONE DELL'ALTROVE e vale la pena leggere la sua prefazione: il libro contiene sue esperienze di viaggi, spesso di lavoro. 
"Credo di avere avuto una prima idea dell'esotismo quando da bambina ho visto, in Giappone, l'acquerello di un allievo di mio padre che rappresentava gli scalini digradanti di un anfiteatro romano in una città fantasiosa, cosparsa di statue di pietra coperte da viluppi di edera e fiori selvatici. E io, che non avevo ricordi dell'Italia, essendo partita per Tokyo a poco più di un anno, sono stata subito spinta a fare mia quella visione di una città che pure mi era stata descritta tante volte dai miei genitori, ma con occhi diversi: una metropoli caotica, affollata, dominata dai preti e da una antica nobiltà terriera bigotta e senza scrupoli. Una città dai magnifici ricordi, che ospitava il Parlamento italiano di cui aveva fatto scempio il fascismo. Questo era il pensiero dei miei. Ma io me la trovavo davanti più accattivante, la bella capitale lontana e sconosciuta, come un imperscrutabile luogo del desiderio, a metà fra un museo e un misterioso e bellissimo cimitero. Un luogo segnato dalle memorie di un impero maestoso che aveva dominato il mondo, che aveva prodotto filosofi e poeti e grandi architetti, che aveva inventato strategie di guerra e codici legali ancora in atto. Un luogo in cui il tempo era sospeso, e le memorie di fatti crudeli giacevano morte e rese inoffensive dal vento della storia, inghiottite da una specie di giungla vegetale fatta di riccioli contorti e spinosi. Per i giapponesi quello era l'esotico: un'Italia astratta e mai esistita in cui contavano solo le rovine di una civiltà scomparsa. Esotico è quel "sentimento che tende ad esaltare forme e usanze di paesi lontani", come dice il vocabolario, una "predilezione per tutto ciò che è straniero".

Tornando in Italia nel dopoguerra, ho scoperto che le mie realtà giapponesi più scontate e quotidiane rappresentavano per gli italiani qualcosa di affascinante, di sconosciuto ed esotico: il teatro No, la festa dei ciliegi, i giardini di sabbia e pietra, il grandi Buddha (Dacia ha scritto Budda, ma word mi dà errore e allora ho corretto) di legno, le pagode e i templi verniciati di rosso e di nero che per me erano pane di tutti i giorni, diventavano improvvisamente stranezze su cui fantasticare.
HO avuto la fortuna di provare cosa fosse il sentimento dell'esotico, imparando a considerare le leggi della deformazione dovuta alla lontananza: quel desiderio sognato che amplifica ed abbellisce ciò che ci incuriosisce e ci attrae di una civiltà distante e sfuggente. 
 Capivo che era l'innamoramento del diverso.
Ma in che rapporto stava questo amore con l'opposto sentimento di sospetto e di odio per il dissimile? Non c'erano forse dei legami sotterranei che rendevano l'uno la faccia scura e l'altro la faccia chiara dello stesso sentire?
Ricordo la prima volta che sono capitata davanti a un quadro di Gauguin. Quei cavalli azzurri,(anche qui la Maraini si è confusa, i cavalli azzurri non sono opera di Paul Gauguin, ma di Franz Marc, lo stile è simile) quelle palme rosa, quelle madonne dai piedi nudi e il seno fasciato da una veste di cotone dai colori sgargianti, mi sorprendevano e mi ammaliavano. Era l'esotismo europeo del XIX secolo. Un miraggio succoso e colorato che evocava isole lontane immaginate felici. Le stesse isole che si trovano nei libri di Conrad, nei romanzi di Stevenson che divoravo con fame insaziabile.

Certo l'esotismo è provocato da una seduzione subdola e prolungata. Qualcosa che evoca, attraverso un sogno insistito, un luogo che si immagina straordinario e felice. Un luogo che si accarezza nella fantasia, con i sensi abbagliati, e un sottile godimento che tocca le viscere.
Solo leggendo Flaubert e studiano le sue lettere ho capito quanto la seduzione dell'altrove possa essere
ingannevole e perversa. Flaubert detestava l'esotismo, lo considerava un moto dell'anima da disprezzare, un'emozione incolta, primitiva ed infantile. Di cui però si ingozzava pure lui. Per pentirsene in un secondo tempo e attribuire i suoi "bassi gusti" alla eroina Madame Bovary.
Flaubert disprezzava le fantasticherie esotiche di Emma, ma nel fondo del suo cuore ne era attratto, anche se si tratteneva dal realizzarle Questo non lo fermerà, sui trent'anni, dall'intraprendere un lungo viaggio verso Oriente che lo terrà lontano dalla Francia due anni. E non gli impedirà di andare a cercare una famosa prostituta "nera e bellissima, dalla sensualità conturbante", di cui avevano parlato e scritto famosi esploratori dell'Africa del Nord. Si metterà alla sua ricerca, la incontrerà, ci passerà una notte e ne uscirà con la sifilide. Malattia che lo porterà poi alla morte. E subito comincia a ingrassare e a perdere i capelli. Tanto che quando rientra in Francia, la madre che va a incontrarlo al porto, non lo riconosce.
Per quanto io abbia amato e frequentato gli scrittori romantici, non riesco a vedere l'esotismo come una tentazione inesorabile e perversa dello spirito. Forse l'avere scoperto da bambina che l'esotismo è relativo e quindi legato alla variabilità dei punti di vista, mi ha salvato dall'innamoramento cieco nei riguardi dei Paesi lontani e sconosciuti. Il mio viaggiare ha preso altri significati, quelli della conoscenza e dell'esperienza dell'altro, senza addolcimenti e vaghezze.


SOGNO



" Lassù, fuori dal tempo,
laggiù, nascosta al mondo,
scorre una vita, che durerà
finchè un poeta un canto sognerà. "
 Rosella Rapa

domenica 28 ottobre 2012

worldwuan'videos (playlist)



Questa musica esprime tutta la mia tristezza.....
il webmaster

INTI ILLIMANI - Danza di Cala Luna



Danza di Cala Luna...non si trova in Sardegna, vicino a Cala Gonone?

Eccola allora!!

I MIEI SOGNI

AMMIRARE UN TRAMONTO COME QUESTO...
                     

ABITARE IN CIMA AD UN ALBERO...
INDOSSARE QUESTO GIOIELLO....
ED ANDARE IN VACANZA IN QUESTO COTTAGE
IN SCOZIA...

Per qualche tempo, dove poter inebriarmi della natura, e scrivere racconti, poesie e favole...
come questi miei piccoli sogni.....
sognare non costa nulla...e non sempre i sogni finiscono all'alba!
Danila Oppio 

sabato 27 ottobre 2012

IL PITTORE


 

Dipingerò con la mia tavolozza

Le nere torri che corrono verso il cielo

Quando il sole indora le cime degli alberi

Ed arrossa le nuvole scomposte
Dipingerò la verde quiete dei prati
Ed il bianco candore della neve
La limpidezza di una fonte che sgorga dalla roccia
Amore, in un cuore solitario.

Dipingerò i mille palpiti dei fiori
Gemme nel sogno di un bambino
Ma non posso dipingere il loro profumo
Né il soave mormorio della cascata
O il calore di un raggio di sole
E la frescura inebriante della brezza mattutina.

Posso soltanto provare a ricordare
E dirti che io c'ero
Per ammirare il miracolo divino
Del nuovo giorno che nasce. 

Rosella Rapa
Da Letteratour

venerdì 26 ottobre 2012

827






Le sole notizie che apprendo
sono ogni giorno Bollettini
dall'Immortalità.

I soli Spettacoli che vedo
sono il Domani e l'Oggi -
forse l'Eternità -

L'unico essere che incontro
è Dio -  unica Strada
l'Esistenza – e se di là da questa

ci saranno altre novità
o più Seducenti Spettacoli -
te lo riferirò -


Emily Dickinson
“Dalla prigione dell'estasi”
a cura di Silvio Raffo

QUELLO CHE ERA





Van Gogh -Notte stellata
quello che era

ora non è
chiari di luna sotto i vestiti:
pensare
e/o
soltanto udire
il suono del fuoco
e sopportare una notte intera
senza fumo

quello che era
ora non è
al di là
di tutto ciò
che rompe l'inverno
i peli
ornano in ordine sparso
le risate del dolore finale

quello che era
ora non è
(si tratta di una perdita fuori luogo)
l'immagine bianca sul muro
- vestita di vuoto-
si specchia
nei vetri rotti del tram

quello che era
ora non è
la vita bianca
si colora di verde
e nasconde nella rosa dei venti
i punti limiti del suo boom

quello che era
è rimasta solo la polvere
di pietre sgretolate
sono rimaste solo le stelle
nel disordine
dell'assurdo trait d'union.


Giovanni De Simone

(inedita)





mercoledì 24 ottobre 2012

ALESSANDRO PUGGIONI IN CONCERTO

Una piccola sorpresa per papà Gavino!


Inaugurazione stagione concertistica ente morale Il Coretto a Bari, il 19 ottobre 2012

Manca la cosa più importante: la musica prodotta da questi strumenti, e ci auguriamo che Alessandro molto presto ci procuri un video.
Per ora accontentiamoci di alcune foto!


AMO LA TUA LETTERA


Lettera di Garibaldi a alla Signora Shillipson di Londra
che gli richiedeva una ciocca di capelli!



   Amo la tua lettera dolce più del sabato pomeriggio
Più delle vacanze la tua parola di sogno azzurro
Il profumo dei manghi mi prende alla nuca
e come vino di palma in una sera di tempesta l'aroma femminile delle goyaves
Le tempeste  suscitano gli spiriti, il palazzo bianco si scuote dalle fondamenta di pietra
Mi è difficile prendere sonno, disteso sotto la lampada, sotto la violetta del Cap.
La stagione s'è annunciata sui tetti con  i venti violenti del Sud Ovest
Gonfia di burrasche, carica di passioni.
Le rose altere e i rododendri esalano l'ultimo profumo
Come dame alla fine del ballo
I fiori delle bouganvilles si disfanno delicatamente
Quando i tamarindi che sanno di limone accendono le loro stelle d'oro.
Dal fondo, sale, aggredendo le mie radici, l'odore dei neri serpenti
A consacrare la stagione dello svernamento.
Nel giardino i pavoni si aprono, è la stagione degli amori
Mutilano sui prati, principi purpurei, i flamboyants
Dal cuore di luce e i grandi gladioli di scarlatto e d'oro.
Mi assalgono tutti gli odori dell'umido primordiale e della vegetazione marcita.
Nozze di sangue e carne – anche se solamente nozze dell'anima – quando sarai tra le mie braccia
Mango maturo, goyave aperta, sospiro ah! fervido alito di freschezza.
Mi piace la tua lettera azzurra, più dolce dell'issopo
E la tua tenerezza che mi confida di te, amica mia.


Lèopold  Sèdar  Senghor
da  Poesia dell'Africa
Bandecchi&Vivaldi Editori
Aprile 2009 

domenica 21 ottobre 2012

UN GIORNO SPECIALE

Opera di Carla Colombo - olio a spatola su tela - 



Oggi è un giorno speciale, e come tale vogliamo ricordarlo.
Una manciata di anni fa, quando le prime foglie dorate cadevano, trasportate da una leggera brezza autunnale, e i raggi del sole, dagli ultimi tepori estivi, illuminavano il mondo, un poeta nasceva in quell'isola meravigliosa che è la Sardegna.
Oggi questo poeta ci inonda dei suoi meravigliosi versi, che fanno trasparire tutto l'amore per il creato e le creature, e anche tutta la tristezza per quanto l'umanità indifferente sta combinando, distruggendo e depredando e rendendo, talvolta, questo nostro pianeta invivibile.

Ma oggi non parliamo di cose spiacevoli, oggi festeggiamo il compleanno di GAVINO PUGGIONI!

AUGURI, AUGURI AUGURI DI TUTTO CUORE DA PARTE DEI TUOI AMICI, DEI TUOI ESTIMATORI E VISITATORI DI QUESTO TUO BLOG, COLMO DI TUE E LORO POESIE!

SOGNANDO UNA FIABA




Stanotte ho fatto un sogno strano:
Lo scriverò cosi come viene, poesia, o brano.
C’era un libro
E c’era un fiore.
Pieno di magie era il libro
Pieno di colori era il fiore
Strani oggetti uscivano dal libro,
Mutevoli colori uscivano dal fiore
Parole e fate uscivano dal libro
Profumi e farfalle uscivano dal fiore.
Che bello!
Pensai, ma, all’improvviso
Si mostrò una mano,
orrenda, pronta a ghermire
il mio bel libro, e il fiore.
La mano era rossa, con lunghi artigli
Stillava sangue, stava per cadere …
!!!!! NO !!!!
Gridai, e la mano si mutò in ghiaccio
Si fece azzurra, trasparente, delicata.
Poi il ghiaccio si trasformò in cristalli,
I cristalli in fiori, e presero volare,
Bianche farfalle dalle ali traforate
Come pizzi da mani antiche lavorati.
“Che Bello, dissi, Lo scriverò in una fiaba.”
Ma all’ improvviso comparve un buffo nasone,
rosso, con i baffi, ed un vocione.
“No, non si può, è vietato!“
“Allora, la scriverà mia figlia”
“No, non si può, è vietato!“
“la scriveranno i miei nipoti”
“No, non si può, è vietato!“
“Sai che ti dico? Mi hai seccato!“
Con queste parole mi svegliai
E sulla carta le parole lasciai.
Sciocco nasone, lo sai:
mai una fiaba fermerai.

Rossella Rapa
da LETTERATOUR