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Questo blog è di Danila Oppio, colei che l'ha creato, e se ne è sempre presa cura, in qualità di webmaster.

lunedì 25 giugno 2012

L'IPPOPOTAMO, IL GRANCHIO E IL BAMBINO






Il fiume Pimpa non era poi così lungo, nasceva una decina di chilometri più indietro, da rocce arenarie incastonate in una suggestiva montagnola a forma di trapezio strano, asimmetrico.
Scorreva, il fiume, fra canneti abbrustoliti dal sole, piccole pianure di giunchi e qualche laghetto dove ranocchi e piccoli pesci d'acqua dolce si riunivano, a volte, felici e numerosi, quasi a ringraziare cotanta e splendida natura.
Alla fine della sua corsa, improvvisamente, si allargava in anse diverse e dolci, a voler abbracciare quel mare di meraviglie che aveva di fronte e pareva lo invitasse a tuffarvisi.
Qualche roccia, l'una possente, tal altra più mingherlina, si faceva accarezzare dalle sue acque, sempre limpide, mai arrabbiate o invadenti.
Animali di tutte le specie, piccoli e grandi, gli giravano intorno, bevevano e s'immergevano, sia per rinfrescarsi che per dare una spruzzatina di pulito ai propri corpi..

Una mattina di settembre, l'alba era nel suo passeggero splendore, alcuni animali parevano agitati, si muovevano avanti e indietro, le orecchie rizzate, ansiosi di spostarsi ma non lo facevano.
Anche gli uccelli disegnavano voli nervosi, s'inerpicavano nelle vie del cielo e dopo, quasi a precipizio, lambivano le acque del fiume e del vicino mare.
Riccardo, arrivato in quei lidi da favola, da un'isola molto lontana e altrettanto meravigliosa, era lì, un po' assonnato, un po' volutamente sveglio anche perché non sapeva niente di quello che stava per accadere.
Girava lo sguardo a destra e a sinistra, gli occhi al cielo per due uccelli coloratissimi che s’inseguivano a cento all'ora, ma erano solamente innamorati e quella corsa era la loro corte d'amore.
Da dietro un cespuglio sempre verde andava formandosi un'ombra scura e gigantesca, quasi immobile e paurosa, nel silenzio più totale.
Riccardo, forse anche stanco, era seduto su di un grosso ciottolo umidiccio ma a questo non aveva fatto caso.
Era interessato ai colori, ai movimenti di tutto quel che vedeva, al vento che gli scompigliava i capelli, dimenticati un po' lunghi da mamma e papà. Ma non ne era infastidito.
All'improvviso s'alzò in piedi, quasi che volesse sfidare qualcuno o, al contrario, che avesse paura, ma di cosa e di chi?
Di quell'ombra che avanzava, silente e poderosa? Sì, sì, si era alzato perché preso da quell'ombra che tale non era più, ma che cos'era?
Ecco cos'è! - disse Riccardo -, è un ippopotamo! Mamma mia, un ippopotamo, che brutto! che bello! E ora casa fa?
L'ippopotamo, tranquillo, muoveva i suoi piedoni con eleganza, era grigio-scuro e non aveva o dimostrava alcunché di minaccioso. Camminò per un centinaio di metri, tra sabbia e fanghiglia pulita, poi si adagiò sapientemente su una larga pozzanghera che lui senz'altro conosceva, poiché pareva fatta a sua misura.
Spalancò la bocca, e che bocca! I suoi due canini sembravano due fari bianchi. Scosse il corpo, sbatté i piedi e alla fine rotolò su se stesso, beandosi come creatura umana.

Ma perché, forse, non lo era?
Riccardo, ormai senza paura, estasiato e felice, seguiva tutta quella scena, braccia allargate sul dorso, pronto a una eventuale improbabile fuga.
Uccelli e uccellini si alternavano sul groppone di quella bestia, quasi a far festa, ma il bambino capì subito che gli stavano addosso per ripulirlo delle migliaia d’insetti attaccati ai suoi peli e anche alla pelle che, forse soffriva seppur ruvida e spessa.

Un attimo di pausa, l'ippopotamo semi sommerso, il suo respiro pesante, nuvole di moscerini e insetti, l'aria quasi torbida, il fiume, le sue anse, i cespugli a forma  di capelli spettinati, il cielo abitato da qualche nuvola, il mare della battigia conchigliata e colorata, con le alghe a spasso per una brezza sottile, e Riccardo?
Sempre lì, coi piedi insabbiati, a rigirarsi su sé stesso, quasi a cercare altro, di quella natura che lo stava sovrastando.

-       Ora me ne vado, fa caldo, il sole brucia e la mia pelle non è sufficientemente predisposta a riceverlo. Me ne vado, raggiungo i miei compagni d'avventura anche se ho dimenticato se devo continuare in avanti o tornare indietro.

Questo, Riccardo, andava pensando e dicendo ma non si era accorto che, fino a lui, ai suoi piedi, era arrivato un granchio, pure grande! Un granchio? E cosa ci faceva lì, lui, vicino a me e a un ippopotamo?
Boohh! E cominciava a perdersi fra cento pensieri e la natura poteva regalargliene mille e ancora mille altri.
Si chinò, guardò il granchio negli occhi, accarezzò la sua corazza iridescente, pareva ne godesse, mentre le sue chele riprendevano a muoversi, senza problemi, verso quell'acqua di mare che dondolava lenta e pulita.
E allora Riccardo si avviò per davvero, in cerca dei suoi amici...per raccontare.....

Gavino Puggioni
Inedita




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