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Questo blog è di Danila Oppio, colei che l'ha creato, e se ne è sempre presa cura, in qualità di webmaster.

sabato 31 marzo 2012

IL MISCREDENTE


- Credi in Dio?
- Chi é Dio? -
Così un uomo dall’apparente età di trenta anni rispondeva a don
Peppino, ogni qual volta questi gli faceva una domanda del genere.
Don Peppino, nella sua vita ecclesiastica, non aveva ancora incontrato
una simile persona, che lui tentava di portare alla religione di
Cristo.
Ma ormai erano due anni e più che i suoi tentativi finivano come
bolle di sapone, sebbene la speranza di una improvvisa illuminazione
divina lo avesse sorretto anche durante i periodi più sconcertanti .
Quel giovane aveva un nome strano. Si chiamava Totu e nei lineamenti
si poteva notare qualcosa di esotico, di fortemente diverso
dagli abitanti di quel luogo.
Abitante per modo di dire; egli veniva tra la gente soltanto a tarda
sera mentre, durante il giorno, spariva e non si sapeva ove andasse
a ficcarsi.
Alcuni, però, erano arrivati alla determinazione che vivesse dietro
la collina, dalla cui parte lo si vedeva spesso venire.
Totu non aveva amici né conoscenze. Tutti lo conoscevano ma i
tutti a lui erano sconosciuti, inesistenti. Unico che forse distingueva
era don Peppino il quale osava fermarlo e interrogarlo.
Degli altri nessuno aveva osato avvicinarglisi.
Ne avevano paura perché per loro non era uomo ma bensì spirito.
Gli occhi giallicci, gli zigomi sporgentissimi, il mento aguzzo e la
testa con radi capelli, dal corpo disuguale e dalle braccia corte, lo facevano
assomigliare ad un essere anormale, privo di qualsiasi consistenza
estetica.
Don Peppino si era sempre interessato a lui e tante volte l’aveva
portato in sacristia per capirne qualcosa di più.
Ma restava sempre un mistero, profondo mistero.
Nella Casa di Dio, Totu non faceva alcun atto ostile. Stralunato, si
guardava intorno tirandosi la giacca e stringendosi le mani.
E in quei momenti il reverendo aveva veramente paura.
Pensava al satanico spirito di quel poveretto e a quale ostinata
divinità fosse andato in possesso.
- Totu, credi in Dio? -
- Chi é Dio? - rispondeva. Quelle erano le sue parole.
Don Peppino, allora, lo lasciava uscire accompagnandolo alla
piccola porta e benedicendolo.


Alle volte si accontentava di sentirgli pronunciare quella sola frase;
credeva che insistendo e avvicinandolo sempre più qualche risultato
lo avrebbe pur ottenuto
E in quegli ultimi tempi, il reverendo, dopo la celebrazione della
Messa, andava raccomandando ai fedeli di non dir di Totu a nessuno,
perché, pensava, voleva scoprire da solo l’essenza di quell’ uomo.
Un pomeriggio don Peppino riportò Totu nella sua chiesetta. Si preparava
per recitare il Santo Rosario davanti a lui.
Ad un tratto Totu pronunciò qualcosa  ma quello, aprendo e chiudendo
sportelli, non sentì bene.
- Cosa hai detto? - domandò quasi gridando di gioia - Non ho
sentito! Parla! Parla!... -
Ma non rispondeva. Lo fissava con sguardi vacui nei quali era
insito lo spirito del Male. Don Peppino non lo vedeva. Seguito da Totu,
che si sedette in un banco, al centro del transetto, egli raggiunse
l’altare e incominciò a recitare.
Non si fece assistere da nessuno poiché voleva vedere coi soli
suoi occhi l’effetto che si sarebbe prodotto in quell’anima disperata.
Finito il Rosario, don Peppino si tolse di corsa la candida veste e
tornò da lui. Ma lui non c’era!
- Totu! Totu!... gridò. -
Corse in sacristia e Totu era lì, seduto, con il viso nascosto tra
le mani e piangeva.
Don Peppino alzò gli occhi al cielo e ringraziò. Ma perché Totu
piangeva così? Le lacrime gli cadevano una dopo l’altra e avevano
pure uno strano colore.
- Che pianto é questo? - si domandava il reverendo.
- Dio mio, aiutami tu, illumina questa creatura! -
Di colpo il giovane smise di piangere ma non tirò su la testa.
- Credi in Dio, Totu? -
Ma questa volta non rispose. Allora, egli continuò.
- Rispondi Totu, perché non rispondi? Dio sta entrando nel tuo
cuore. Lui ti sta redimendo. Totu... Totu, mi senti? -
Non rispondeva. Don Peppino prese leggermente il suo braccio e
lo sollevò. Totu aveva gli occhi rossi e le guance quasi livide.
- Chi é Dio? - esclamò improvvisamente.
- Madre Santa, allontana il Male da un tuo figlio - pregava quel
sant’uomo.
Erano le nove e don Peppino lo fece uscire. Prima di sparire dietro
gli alti cespugli, Totu si voltò piu volte.
- Non capisco - si diceva il padre - é una profondità, é un abisso.
Ma ci devo arrivare fino a morire! -

Spesso gli veniva la tentazione di riferire sul ”caso” ad altri, magari
a qualche famoso psichiatra, ma quella tentazione la stava respingendo
da due anni e voleva continuare a respingerla.
Nel paese tutti si facevano intorno al loro benvoluto sacerdote e
gli chiedevano notizie di Totu e del suo comportamento. Anche quelle
parole eludeva adesso, d’ora in poi non avrebbe più aperto bocca
per parlare di Totu.
- Ve ne parlerò quando il mio scopo sarà  raggiunto! -
E quelli mormoravano:
-       E’ un sant’uomo...andrà diritto in Paradiso! -
-        
Quella sera, don Peppino aveva indugiato più del solito fra i vecchi
e i giovani del paese. Quando ritornò alla sua dimora era già tardi.
Stava per addormentarsi ma ecco che sentì un profondo respiro,
seguito da un’espressione di lamento.
Passo  passo raggiunse la sicrestia e vide Totu al solito posto che
piangeva, col viso nascosto tra le mani.
- Gesù, proteggimi! Sto redimendo un’anima! -
Mentre così bisbigliava, Totu sollevò di scatto la testa e fissò
l’uomo che aveva davanti. Questi, a sua volta sorretto dalla fede, non
si impaurì e si avvicinò.
- Totu, perché sei qui? Cosa sei venuto a fare nella casa di Dio? -
- Sono io che non voglio.... - rispose, dopo un poco, quello.
- Ed ora cosa dice? Di cosa sta parlando costui? -
Don Peppino incominciava a tremare. Porse il braccio a Totu per
condurlo fuori. Gli tese la mano ed uscirono.
Vi era una grande luna e miriadi di stelle nel firmamento
- Va con Dio! - gli augurò il prete.
- Vado con me, verso casa mia!... - sparì, senza mai voltarsi.
Adesso, don Peppino non usciva più di casa, che cominciava a
sentire più paura per la presenza di quella specie di uomo.

Erano passati parecchi giorni, circa un mese, che Totu non si faceva
vedere. Perciò il padre andò in paese con la segreta speranza di
vederlo. Non lo incontrò e se ne preoccupò.
Quando ritornò alla casa di Dio, lo trovò esanime che stringeva
tra le mani un foglio. Glielo prese e lo lesse:
- Credere in Dio! Ma perché mi dicevi queste cose? Io non appartengo
al tuo genere umano.
Tu hai un padre, hai una madre. Io sono figlio di nessuno. Non
ho visto chi mi ha dato la vita. Tu credi nello Spirito Santo. Ma io
non l’ho visto, lo conosco perché tu me ne hai parlato. Io non sono
nato su questa terra. Provengo dagli abissi dello sconosciuto.
Perché mi hai fatto piangere così a lungo?
Io non ti ho mai creduto, anche se capivo la tua lingua. Io ti ascoltavo,
ma non ti seguivo.
Non ho voluto far parte del tuo genere, perché non capivo la tua
divinità. Ricordati che tu non sei un santo.
Io, un santo, non lo conosco, ma so che, dopo di te, uomo, viene
quello soprannaturale, che vive al di là delle nuvole, senza cibarsi. Prega.
Ma tu non sei uno di quelli. Tu mangi e vivi al di sotto delle nuvole,
in mezzo alla terra calpestata da tutti. Sei un animale che parla.
Ora io sono morto e non so dove il mio corpo sarà gettato. Io, anima,
non ne avevo e non ne ho e così la mia vita terminerà nella terra.
Sono contento.
Io sono nato dalla terra e in mezzo alla terra voglio ritornare.
Se tu sei nato da un dio, in mezzo alle nuvole, vacci pure, quando
muori.
Io non ti invidio. Io sono di terra. -

17 Giugno 1959
Gavino Puggioni
Inedito

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